Opere in un immobile: il termine di prescrizione dell’azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi successiva alla consegna
In tema di appalto, l’obbligo di denunziare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla loro scoperta, le difformità o i vizi dell’opera appaltata presuppone che tale scoperta sia avvenuta dopo l’accettazione dell’opera, espressa, tacita o presunta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica
In tema di appalto, l’obbligo di denunziare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla loro scoperta, le difformità o i vizi dell’opera appaltata presuppone che tale scoperta sia avvenuta dopo l’accettazione dell’opera, espressa, tacita o presunta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica. E qualora l’opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all’esterno, il termine di prescrizione dell’azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi (che sia successiva alla consegna), scoperta che è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza di quei vizi, essendo onere dell’appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore.
In tema di appalto, quindi, il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell’azione di garanzia per i vizi, stabilito dal Codice Civile, va individuato non già con riguardo alla consegna anticipata dell’opera, con riserva di verifica, bensì con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell’opera stessa.
Questi i principi fissati dai giudici (ordinanza numero 18409 del 7 luglio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo al pagamento – per una cifra pari a circa 43mila euro – del saldo di un appalto avente ad oggetto la realizzazione di un impianto idrotermosanitario e di climatizzazione presso un immobile.
In premessa, i giudici ribadiscono un dato: i termini di prescrizione e di decadenza, previsti dal Codice Civile, si applicano anche all’azione risarcitoria volta a far valere, nei confronti dell’appaltatore, la garanzia per le difformità e i vizi dell’opera, atteso che il legislatore ha inteso contemperare l’esigenza della tutela del committente a conseguire un’opera immune da difformità e vizi con l’interesse dell’appaltatore ad un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni in ordine a un suo inadempimento nell’esecuzione della prestazione.
Nello specifico, la garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in malafede taciuti dall’appaltatore. Tale norma si riferisce evidentemente ai vizi palesi o apparenti, che devono essere riscontrati al momento della verifica o dell’accettazione, sicché, una volta che sia avvenuta l’accettazione nonostante il riconoscimento o la riconoscibilità dei vizi, la garanzia non è dovuta. A contrario, pertanto, il committente che non abbia accettato l’opera medesima non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell’appaltatore. Per converso, nel prevedere che il committente debba, a pena di decadenza, denunciare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta, viene regolata la disciplina dei vizi occulti, ossia dei vizi non riconosciuti e non riconoscibili fino al momento dell’accettazione e che siano scoperti in epoca successiva.
Dunque, l’obbligo di denunziare, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla loro scoperta, le difformità o i vizi dell’opera appaltata presuppone che vi sia stata un’accettazione dell’opera, espressa, tacita o presunta, avvenuta, a cura del committente, al momento della consegna o della verifica, prima della scoperta.
Ove, dunque, all’accettazione dell’opera segua la scoperta dei vizi, essi devono essere denunciati dall’ordinante, a pena di decadenza, nei sessanta giorni dalla scoperta, a pena di decadenza. Nella fattispecie in esame, non vi sono stati né verifica, né collaudo, né accettazione. In difetto di accettazione, quindi, non poteva imputarsi al committente di non aver provveduto alla denuncia dei vizi, a decorrere dal momento della loro scoperta, appunto perché essi avrebbero dovuto essere rilevati all’epoca della verifica e menzionati nell’esito dei collaudi sollecitati dall’appaltante. Nello specifico la accettazione avrebbe dovuto essere rimessa all’esito del prodromico collaudo – invece, non effettuato – quale risultato positivo o negativo della verifica, a sua volta intesa quale complesso di operazioni materiali di natura eminentemente tecnica finalizzate ad accertare se l’opera sia stata eseguita correttamente. Ossia avrebbe dovuto attendersi il giudizio espresso dal committente (ove non demandato ad un terzo collaudatore) circa la rispondenza o meno dell’opera alle condizioni del contratto o alle regole dell’arte, collaudo che rappresenta un accertamento tecnico unilaterale (semplice dichiarazione unilaterale di scienza, consistente in una constatazione tecnica proveniente dal committente, avente carattere recettizio).
Ne discende che la necessità di denunciare le difformità e i vizi all’esito della consegna dell’opera implica che a tale consegna possa attribuirsi il significato di accettazione tacita. Infatti, consegna e accettazione dell’opera sono atti distinti: la consegna costituisce un atto puramente materiale, che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell’opera stessa, con la conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità palesi ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo. Cosicché dalla mera consegna non può desumersi ipso facto l’accettazione, salvo che non sia integrata la fattispecie della accettazione tacita, che richiede un surplus rispetto alla mera consegna, ossia che alla consegna possa attribuirsi, in concreto, un preciso significato giuridico: la ricezione dell’opera senza riserve, nonostante non si sia proceduto alla verifica, a fronte di difformità o vizi palesi. Soltanto tale forma di consegna importa rinuncia del committente al diritto di verifica e collaudo, con la conseguente liberazione dell’appaltatore dalla garanzia per difformità o vizi riconoscibili o conosciuti dal committente. Siffatta accettazione tacita, cioè, spiega gli stessi effetti del collaudo, precludendo la possibilità di far valere, così in via di azione, come in via di eccezione, i cosiddetti difetti palesi.
Ebbene, con riguardo ai vizi dell’opera conosciuti o riconoscibili, il committente, che non abbia accettato l’opera medesima, non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell’appaltatore, poiché solo tale accettazione comporta liberazione da quella garanzia (ossia l’impossibilità di farli valere successivamente, a prescindere da qualsiasi termine di decadenza, che decorre dalla scoperta per i soli vizi occulti). Pertanto, prima dell’accettazione e della consegna dell’opera, non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d’opera, possono essere dedotti alla consegna: ma prima dell’accettazione non vi è onere di denuncia e prima della consegna definitiva non decorrono i termini di prescrizione.
In proposito, i giudici precisano che l’accettazione dell’opera costituisce un atto peculiare dell’appalto, non rinvenibile nella disciplina generale sull’adempimento delle obbligazioni. Mentre, infatti, di regola, il creditore può limitarsi, attraverso un contegno passivo, ad attendere l’esecuzione della prestazione a cura della propria controparte e, ove richiesta, la relativa consegna, l’appaltante deve invece svolgere un ruolo attivo, che si concretizza nell’accettazione dell’opera realizzata dall’assuntore, dichiarando di voler far propria l’opera eseguita dall’appaltatore. Ne consegue che l’accettazione, diversamente dall’atto di collaudo, considerato quale mera dichiarazione di scienza proveniente dall’appaltante o dall’incaricato all’effettuazione della verifica, è un atto di volontà con il quale il committente dichiara di volere accogliere nella sua sfera giuridica il frutto della prestazione eseguita, avendola trovata immune da difformità o vizi o avendo rinunciato a farli valere. É quindi qualificata come negozio unilaterale recettizio. Essa deve essere comunicata all’appaltatore, a pena di inefficacia. Inoltre, affinché l’opera possa essere accettata, è necessario che essa sia stata portata a compimento dall’assuntore, almeno con riferimento ai suoi elementi costitutivi essenziali.
Con riferimento ai rapporti tra l’accettazione e il collaudo, può accadere: che l’opera sia accettata senza alcuna verifica e collaudo, il che peraltro è escluso nelle situazioni in cui è prevista l’obbligatorietà del collaudo per ragioni di interesse pubblico, come negli appalti aventi ad oggetto la costruzione di edifici, il compimento di opere in cemento armato, l’installazione di ascensori e montacarichi in servizio privato; che l’opera sia accettata nonostante il collaudo abbia avuto esito negativo; che l’opera debba essere accettata in ragione dell’esito positivo del collaudo, costituendo la dichiarazione sulla regolarità della prestazione dell’appaltatore un’ipotesi di accettazione tacita, in quanto incompatibile con la volontà di rifiutare la prestazione della controparte.
Quanto alle forme di manifestazione, l’accettazione può essere espressa, tacita o presunta, non essendo richiesti particolari requisiti formali per la sua esternazione. È espressa quando il committente, per iscritto o anche oralmente, e anche senza che sia stata previamente effettuata una verifica o un collaudo, dichiara esplicitamente di voler ricevere la prestazione eseguita, senza muovere alcun rilievo. L’accettazione è invece tacita, in base ai principi generali, laddove il committente, o un suo rappresentante autorizzato, compia un atto incompatibile con la volontà di rifiutare l’opera. Sicché essa si sostanzia nei comportamenti concludenti, che – presupponendo necessariamente la volontà di accettarla o siano incompatibili con la volontà di rifiutarla o di accettarla condizionatamente – dimostrino in modo inequivocabile il gradimento del committente rispetto all’opera realizzata.
Si ricade, per converso, nell’ipotesi di accettazione presunta allorché, nonostante l’invito dell’appaltatore, il committente tralasci di procedere alla verifica senza giusti motivi ovvero non ne comunichi il risultato entro un breve termine o ancora laddove, in tema di esecuzione dell’appalto per singole partite, vi sia stato il pagamento di singole partite, il che fa presumere l’accettazione della frazione o partita di opera pagata, salvo che ricorra il versamento di semplici acconti.
In sostanza, mentre la consegna costituisce un atto puramente materiale, che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima, anche per facta concludentia, il gradimento dell’opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per le difformità e i vizi palesi dell’opera e il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo. Al ricevimento del bene deve associarsi, dunque, un contegno dell’appaltante che sia significativo della volontà di non sollevare riserve: la dichiarazione di riserva neutralizza, infatti, gli effetti propri dell’accettazione. Non si ha, invece, accettazione tacita se il committente prende in consegna l’opera, dopo l’effettuazione della verifica, riservandosi al contempo di far valere difformità o vizi in un momento successivo, oppure se la presa in consegna da parte del committente, nel caso in cui la verifica non abbia ancora avuto luogo, avvenga con l’espressa riserva di effettuare la verifica medesima o proprio allo scopo di effettuarla. Sicché la mera presa in consegna dell’opera da parte del committente non è emblematica dell’accettazione della stessa e non implica di per sé la rinunzia a far valere la garanzia per i difetti conosciuti o conoscibili, in assenza di una formale denuncia di difformità o di vizi, oppure di un comportamento concludente dal quale poter desumere con certezza l’intenzione del committente di accettare l’opera senza riserve.
Cambiando fronte, l’azione (di garanzia per i vizi) contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. Tale termine di prescrizione biennale vale sia per i vizi palesi (purché dedotti in sede di verifica e successiva accettazione con riserva dell’opera; altrimenti la garanzia non è in radice dovuta), sia per quelli occulti, che siano stati scoperti prima di tale consegna. Viceversa, qualora l’opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all’esterno, il termine di prescrizione dell’azione di garanzia decorre dalla scoperta dei vizi (successiva alla consegna), la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell’appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore. Ove, invece, il committente, per effetto del riscontro di difetti palesi nel corso della verifica, comunichi che non intende accettare l’opera e prenderla in consegna, il termine di prescrizione delle azioni esperibili decorre da tale comunicazione.
Diversamente, come anticipato, prima dell’accettazione e consegna dell’opera non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d’opera, possono essere dedotti al momento della consegna. Nondimeno, il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell’azione di garanzia per i vizi, stabilito dal Codice Civile, va individuato non già con riguardo alla consegna anticipata dell’opera, con riserva di verifica, bensì con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell’opera stessa. Ossia la consegna rilevante per il decorso del termine prescrizionale (ai fini dell’esercizio del diritto di garanzia) postula che essa avvenga contestualmente o successivamente alla verifica e all’accettazione dell’opera e ne costituisca la naturale appendice, quale finale acquisizione dell’opera appaltata in conseguenza della manifestazione del suo complessivo gradimento (eventualmente anche in conseguenza della prospettazione di determinate difformità e vizi).