Chiedere soldi ad una persona per evitare un danno grave, in realtà inesistente, ad un suo familiare è catalogabile come truffa

Nella truffa il possesso viene conseguito con atto di disposizione della vittima, il cui consenso è viziato da artifici e raggiri posti in essere dal malfattore

Chiedere soldi ad una persona per evitare un danno grave, in realtà inesistente, ad un suo familiare è catalogabile come truffa

Catalogabile come truffa la condotta di chi prospetta alla vittima la necessità di consegnare preziosi o somme di danaro per evitare a un suo prossimo congiunto un danno grave in verità inesistente. A maggior ragione, poi, nel caso in cui la consegna di tali beni sia effettuata direttamente dalla vittima all’autore della truffa che abbia ottenuto l’accesso alla abitazione della persona raggirata.
Questo il principio fissato dai giudici (sentenza numero 22650 del 17 giugno 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame un episodio verificatosi in provincia di Bergamo e che ha visto come vittima un’anziana signora, aggiungono che si configura, invece, il delitto di furto in abitazione, nel caso in cui il soggetto si impossessi dei beni contro la volontà della vittima o, addirittura, spossessandola di quei beni.
Due le persone finite sotto processo e ritenute colpevoli di
truffa aggravata dalla rappresentazione di un pericolo immaginario e dall’avere commesso il fatto approfittando della condizione di minorata difesa – costituita dall’età anziana –della vittima. Nello specifico, le due persone hanno contattato telefonicamente la signora e le hanno fatto credere che la figlia fosse stata coinvolta in un grave incidente stradale e che perciò era necessario versare una cospicua somma di denaro per pagare la cauzione, e di conseguenza la signora, contattata personalmente presso la sua abitazione, ha loro consegnato monili e preziosi per un importo stimato di circa 60mila euro.
Inequivocabile, secondo i giudici, in tema di reati contro il patrimonio, la differenza tra il delitto di furto aggravato dal mezzo fraudolento e quello di truffa, differenza che si individua nella fase risolutiva del processo causale, che qualifica il carattere dell’offesa, cosicché integra l’ipotesi di furto, e non di truffa, la realizzazione da parte dell’autore di attività preparatorie finalizzate ad operare il trasferimento a sé del bene col ricorso a mezzi fraudolenti nei confronti della vittima, quando tra l’atto dispositivo di questa ed il risultato dell’impossessamento si inserisca l’azione del soggetto con carattere di usurpazione unilaterale.
Per fare chiarezza, comunque, i giudici sottolineano che l’elemento differenziale tra il furto aggravato dal mezzo fraudolento e la truffa consiste nel fatto che nel furto l’oggetto del reato viene sottratto al detentore eludendone la vigilanza contro la sua volontà, mentre nella truffa il possesso viene conseguito con atto di disposizione della vittima, il cui consenso è viziato da artifici e raggiri posti in essere dal malfattore. Pertanto, la condotta posta in essere da chi rappresenti alla vittima la necessità di consegnare preziosi o somme di denaro per salvare un prossimo congiunto da un danno grave, in realtà fittizio, integra l’ipotesi della truffa quando, ottenuto l’accesso presso l’abitazione della persona offesa, la consegna sia avvenuta ad opera della stessa persona offesa, sussistendo, invece, il furto, quando sia stato il malfattore ad impossessarsi dei valori senza alcuna volontà del possessore stesso.

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