Stop al provvedimento con cui il sindaco sospende un locale per avere venduto alcolici a soggetti minorenni
Le emergenze di sicurezza urbana, in quanto afferenti alla sicurezza pubblica, rientrano nella competenza del sindaco quale ufficiale di governo e si diversificano da quelle a tutela della vivibilità e che afferiscono all’attività del vertice dell’amministrazione locale
È illegittima l’ordinanza sindacale – contingibile e urgente – che disponga la sospensione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande in sostanziale applicazione della ‘legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati’ e cioè, nel caso specifico, a causa della vendita di bevande alcoliche a persona di età compresa tra i 16 anni e i 18 anni. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza 8864 del 6 novembre 2024 del Consiglio di Stato), i quali precisano che, dovendosi riqualificare l’atto in senso sanzionatorio, sussiste vizio di incompetenza del firmatario, cioè del sindaco, in quanto organo politico di vertice del governo locale, trattandosi di normale atto gestionale. Difatti, le emergenze di sicurezza urbana, in quanto afferenti alla sicurezza pubblica, rientrano nella competenza del sindaco quale ufficiale di governo e si diversificano da quelle a tutela della vivibilità e che afferiscono all’attività del vertice dell’amministrazione locale. I giudici richiamano il dato normativo: il legislatore sanziona amministrativamente e penalmente le condotte di vendita e somministrazione di bevande alcoliche a soggetti minorenni, commisurando il trattamento sanzionatorio all’effettiva portata lesiva della condotta. La prima fattispecie di illecito opera in tutti i casi di vendita di alcolici a minorenni nonché di somministrazione a soggetto maggiore dei 16 anni ma minore dei 18 anni, stante che per il minore di 16 anni trova invece applicazione la norma penale, estensibile a qualunque tipologia di somministrazione ovunque effettuata, dovendo necessariamente essere attualizzati i riferimenti ai locali ivi indicati come osterie e pubblici spacci. Ampliando l’orizzonte, poi, i giudici ricordano che le ordinanze sindacali contingibili e urgenti possono essere adottate anche a fronte di un pericolo potenziale, e ciò in applicazione del principio di precauzione che richiede l’intervento restrittivo da parte della pubblica amministrazione in presenza di un rilevante pericolo per interessi pubblici particolarmente sensibili, anche in assenza di una evidenza scientifica del nesso di causalità tra la circostanza fattuale su cui si interviene e il pregiudizio che potrebbe arrecare. Alla luce di tale principio, in presenza di ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che sia previamente accertata l’effettiva esistenza della gravità del rischio occorso. Inoltre, i presupposti per l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente risiedono nella sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per il bene protetto dalla norma (la pubblica incolumità, la sicurezza urbana, la vivibilità cittadina ovvero la quiete, quale valore considerato a parte, l’igiene pubblica), ma purché lo stesso non sia altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, il che avviene tipicamente laddove esista un sistema punitivo comprensivo di sanzioni principali, sanzioni accessorie capaci ex se di cauterizzare l’attività pericolosa. Non è pertanto ammissibile, concludono i giudici, farvi ricorso per irrogare sanzioni espressamente previste dall’ordinamento (nel caso di specie, con la legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati in caso di violazione del divieto di vendita di bevande alcoliche a minorenni) al solo scopo di accelerarne gli effetti, superando le garanzie difensive, a meno che non sia dimostrata in concreto la pericolosità, anche potenziale, del differimento dell’irrogazione della misura sanzionatoria prevista.