Rilevazione delle presenze dei lavoratori: stop al ricorso alle impronte digitali
L’uso dei dati biometrici sul posto di lavoro è consentito solo se previsto da una norma specifica che tuteli i diritti dei lavoratori

Ennesima secca presa di posizione del ‘Garante per la privacy’: vietato il ricorso alle impronte digitali per la rilevazione delle presenze dei lavoratori. Consequenziale la sanzione (provvedimento del 27 marzo 2025) adottata nei confronti di un istituto scolastico calabrese.
In generale, l’uso dei dati biometrici sul posto di lavoro è consentito solo se previsto da una norma specifica che tuteli i diritti dei lavoratori. Tale trattamento deve rispondere a un interesse pubblico e rispettare criteri di necessità e proporzionalità rispetto all’obiettivo perseguito.
Tornando alla specifica vicenda, il ‘Garante’, a seguito di un reclamo, ha sanzionato un istituto di istruzione superiore di Tropea per 4mila euro per aver impiegato un sistema di riconoscimento biometrico che, allo scopo di rilevarne la presenza e di prevenire danneggiamenti e atti vandalici, richiedeva l’uso delle impronte digitali del personale amministrativo. I lavoratori coinvolti erano quelli che avevano rilasciato il proprio consenso e che non intendevano ricorrere a modalità tradizionali di attestazione della propria presenza in servizio.
Nel rilevare la violazione della normativa sulla privacy, il ‘Garante’ ha ribadito un punto fermo fondamentale: non può ritenersi proporzionato l’uso sistematico, generalizzato e indifferenziato per tutte le pubbliche amministrazioni di sistemi di rilevazione biometrica delle presenze, a causa dell’invasività di tali forme di verifica e delle implicazioni derivanti dalla particolare natura del dato. E la mancanza di un’idonea base giuridica, in merito al trattamento dei dati biometrici, non può essere colmata neppure dal consenso dei dipendenti, consenso che non costituisce, di regola, un valido presupposto per il trattamento dei dati personali in ambito lavorativo, sia pubblico che privato, a causa dell’asimmetria tra le rispettive parti del rapporto di lavoro.