Conoscenza dello stato di insolvenza del debitore: come fornire tale prova
Necessario, però, precisano i giudici, che la conoscenza sia effettiva e non meramente potenziale
Ai fini della revocatoria fallimentare, come previsto dalla legge, la prova della conoscenza dello stato di insolvenza del debitore, da parte dell’accipiens, può essere fornita mediante presunzioni, purché gli elementi indiziari, valutati nel loro complesso e non atomisticamente, siano gravi, precisi e concordanti e conducano a ritenere che il terzo, usando normale prudenza e avvedutezza, non potesse non aver percepito i sintomi rivelatori della decozione. Peraltro, la conoscenza deve essere effettiva e non meramente potenziale.
Questi i chiarimenti forniti dai giudici (ordinanza numero 29718 dell’11 novembre 2025 della Cassazione) a chiusura del contenzioso originato dalla domanda con cui il fallimento di una ‘s.p.a.’ ha chiesto la revoca, alla luce della legge fallimentare, di due pagamenti eseguiti, nei sei mesi antecedenti la dichiarazione dello stato di insolvenza, in favore di una società per una cifra complessiva di poco superiore ai 58mila euro.
In primo grado, per i giudici i pagamenti impugnati non sono suscettibili di revoca in ragione dell’esenzione prevista per pegni, anticresi e ipoteche costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti, poiché eseguiti nei termini d’uso. In secondo grado, poi, viene aggiunto che non è stata dimostrata in giudizio la conoscenza dello stato di insolvenza in cui la debitrice versava al momento degli impugnati pagamenti.
Quest’ultimo dettaglio è fondamentale anche per i giudici di Cassazione, poiché, come detto, si è appurato che la società creditrice non era a conoscenza dello stato d’insolvenza in cui si trovava la società debitrice, poi fallita, nel momento in cui ha ricevuto da quest’ultima i pagamenti impugnati. Senza dimenticare, poi, che gli atti di pagamento erano stati eseguiti dalla società debitrice, poi fallita, in favore della società creditrice nei sei mesi anteriori alla dichiarazione dello stato d’insolvenza.
Ampliando l’orizzonte, i magistrati precisano che, se è vero che, ai fini della revoca fallimentare, la prova della scientia decoctionis in capo all’accipiens è suscettibile di essere fornita mediante il ricorso alle presunzioni (come le notizie sull’imprenditore insolvente fornite dagli organi di stampa), è anche vero, però, che: gli elementi indiziari, valutati necessariamente gli uni per mezzo degli altri, devono essere nel loro complesso idonei a condurre a ritenere che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza (rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonché alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare) non possa non aver percepito i sintomi rivelatori della decozione del debitore; la conoscenza dello stato di insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo contraente, che rileva ai fini della revocatoria fallimentare, dev’essere, del resto, effettiva e non meramente potenziale.