Rapporti intimi con due uomini in discoteca: l’avere assunto alcolici rende la donna non in grado di esprimere un consenso valido

Non rileva l’eventuale consenso prestato dalla vittima, giacché esso è viziato ab origine dalla sua condizione di menomazione

Rapporti intimi con due uomini in discoteca: l’avere assunto alcolici rende la donna non in grado di esprimere un consenso valido

Lei assume volontariamente diversi alcolici e poi si ritrova a far sesso con due uomini: è logico, secondo i giudici (sentenza numero 38493 del 21 ottobre 2024 della Cassazione), considerarla vittima di violenza. Confermata la responsabilità, seppur ai soli fini civilistici, di due uomini che hanno avuto un

rapporto sessuale in discoteca con una donna che era arrivata al locale dopo aver già assunto degli

alcolici e che lì, poi, aveva bevuto tre bicchierini di vodka in meno di trenta secondi. Per i giudici non ci sono dubbi: la precaria condizione psico-fisica della donna, condizione conseguente alla ripetuta assunzione di alcolici, rende irrilevante il consenso da lei prestato al compimento di atti sessuali. Inequivocabile il complessivo compendio probatorio, ossia dichiarazioni rese dalla persona offesa, dichiarazioni testimoniali e immagini video registrate, compendio da cui è emerso che la persona offesa si trovava, al momento dei fatti, in evidente stato di ubriachezza, poiché, prima di raggiungere la discoteca, ella aveva consumato insieme al fidanzato una birra e due drink alcolici, e che, a quel punto, i due uomini attivamente incrementavano la consumazione di alcol da parte della ragazza, che, come da filmato, proprio quando era in loro compagnia, beveva ben tre bicchierini di vodka nel giro di ventotto secondi. Inoltre, sempre dai video si comprende che la ragazza, poco prima di entrare, in compagnia dei due uomini, nel locale ove si verificava la violenza sessuale, appariva barcollante ed ubriaca, mentre, subito dopo il fatto, ella, appena uscita dal locale, si appoggiava ad un palo, quindi cadeva rovinosamente a terra, finendo gambe all’aria, e, sempre appoggiata al palo, veniva aiutata da un avventore a liberare il vestito dal tacco in cui era rimasto impigliato. Infine, sempre grazie ai video, è emerso che quando, poi, sopraggiungeva il fidanzato che la trovava in condizioni precarie (“non era lucida, le cedevano le gambe, rispondeva a monosillabi”, ha spiegato il ragazzo), la persona offesa riferiva di ricordare l’immagine del buio, un rapporto sessuale subito ad opera di due uomini, la sua incapacità di reagire. Per chiudere il cerchio, i magistrati fissano un punto fermo: la situazione di approfittamento dell’assunzione di sostanze stupefacenti o alcoliche da parte della vittima è idonea ad integrare il reato di violenza sessual». Non a caso, Codice Penale alla mano, tra le condizioni di inferiorità psichica o fisica, previste dal reato di violenza sessuale, rientrano anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento di impulsi sessuali. Di conseguenza, non rileva l’eventuale consenso prestato dalla vittima, giacché esso è viziato ab origine dalla sua condizione di menomazione, ma rileva la consapevolezza, da parte dell’autore dell’atto sessuale, della situazione di inferiorità psichica in cui versi la persona offesa e del fatto che quest’ultima, in ragione di tale situazione, non possa esprimere un valido consenso in forza delle proprie condizioni, situazione che l’autore del fatto sfrutta per accedere alla sfera sessuale della vittima.

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