La privacy può battere il controllo politico

Legittimamente respinta l’istanza avanzata da un consigliere regionale

La privacy può battere il controllo politico

Privacy batte controllo politico. Questo, in sintesi, l’esito della vicenda relativa all’istanza con cui un consigliere regionale ha chiesto, tra l’altro, di accedere ed estrarre copia degli atti concernenti la concessione di un finanziamento pubblico statale per la realizzazione di una struttura immobiliare di un ateneo e degli atti, risalenti alla seconda metà del 2021, relativi alla decisione del Consiglio dei Ministri di non esercitare la ‘golden power’ nella cessione delle quote di ‘Gemelli Molise Spa’ . Per meglio inquadrare la questione, i giudici sanciscono che la dialettica tra il diritto-dovere del consigliere regionale di conoscere atti in possesso dell’amministrazione, nell’ambito dell’esercizio del suo fondamentale ruolo di controllo politico dell’attività della pubblica amministrazione, in un contesto di democrazia partecipata e partecipativa, e la riservatezza, che la legge impone di osservare rispetto a documentazione in relazione alla quale entrano in gioco interessi contrapposti, si risolve in favore della seconda nelle ipotesi in cui il sindacato (cui rimanda la richiesta di accesso) non sia relativo ad atti dell’ente di appartenenza del richiedente e laddove, in ogni caso, le disposizioni primarie e secondarie consentano di negare l’accesso per la tutela di contrapposti (e superiori) interessi dell’amministrazione e di soggetti terzi. Deve infatti assicurarsi, precisano i giudici, una ragionevole proporzione e un equilibrio tra gli opposti e meritevoli interessi, coinvolti dall’accesso a documenti amministrativi, nelle ipotesi in cui non ricorrano esigenze di accesso difensivo. Per maggiore chiarezza, comunque, i giudici osservano che, dovendo il richiedente indicare un interesse qualificato all’ostensione di atti utilizzabili a fini difensivi, non risulta dimostrata né nell’istanza né in giudizio una posizione differenziata del consigliere regionale ad ottenere la documentazione richiesta con cui l’amministrazione ha deciso di non esercitare il ‘golden power’, atteso che il ruolo istituzionale da lui ricoperto non coincide, per sua natura, con quello di colui che intende avvalersi di atti in un possibile contenzioso. Inoltre, il consigliere regionale ha diritto, in forza delle prerogative sottese al suo ruolo istituzionale, a chiedere l’accesso ad atti in possesso della Regione o di enti pubblici ad essa riferibili, nei limiti fissati dalle norme primarie e secondarie, non certo a quelli detenuti da un’amministrazione centrale, come tipicamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Poi, la normativa subordina l’ostensibilità di atti detenuti dalla pubblica amministrazione alla dimostrazione, carente in questo caso, di un interesse diretto, concreto ed attuale all’accesso richiesto, anche tenendo presente che è consentito al Governo di sottrarre all'accesso nei casi in cui i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono. Infine, la normativa ammette l’accesso civico generalizzato al fine di consentire il controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche a condizione che siano fatti salvi gli speculari interessi giuridicamente rilevanti, ossia libertà e segretezza della corrispondenza e interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale d’autore e i segreti commerciali.

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