La mancanza di data o luogo di emissione non esclude la validità come promessa di pagamento
Necessaria però l’indicazione del beneficiario

L’assegno bancario mancante della data o del luogo di emissione, ma non dell’indicazione del beneficiario, vale – ancorché nullo come titolo di credito – come promessa di pagamento, alla luce del Codice Civile, con relativa inversione dell’onere probatorio: spetta infatti all’emittente dell’assegno provare o che esso circolava contro la sua volontà o l’inesistenza del rapporto debitorio. Questo il principio ribadito dai giudici (ordinanza numero 18831 del 10 luglio 2024 della Cassazione), i quali aggiungono che, diversamente, il mero possessore di un assegno bancario, il quale non risulti prenditore o giratario dello stesso (nella specie, essendo mancante l’assegno dell’indicazione del beneficiario), o il mero possessore dell’assegno con girata in bianco, non è legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto se non dimostrando l’esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito, poiché il semplice possesso del titolo non ha un significato univoco ai fini della legittimazione, non potendo escludersi che l’assegno sia a lui pervenuto abusivamente, se il portatore non è indicato sul titolo come beneficiario dello stesso. Né l’assegno può comunque valere come promessa di pagamento, poiché l’inversione dell’onere della prova, prevista dal Codice Civile, opera solo nei confronti del soggetto a cui la promessa sia stata effettivamente fatta, sicché anche in tal caso il mero possessore di un titolo all’ordine (privo del valore cartolare), non risultante dal documento come beneficiario, deve fornire la prova della promessa di pagamento a suo favore. In questi casi, infatti, mancando l’indicazione del beneficiario, manca l’assunzione stessa della promessa di pagamento verso un terzo. E, poi, mancando l’indicazione all’interno del titolo del soggetto nei cui confronti la promessa di pagamento è stata fatta, non vi è ragione di attribuire al mero possessore del titolo stesso, quali che siano le ragioni di tale possesso, il beneficio dell’inversione dell’onere probatorio del rapporto fondamentale. Analizzando la vicenda oggetto del processo, è emerso che il titolo conteneva l’indicazione del beneficiario: l’emittente non nega affatto di aver lui stesso compilato l’assegno inserendovi il nome della società beneficiaria (sebbene sostenga di averlo riempito come semplice promemoria), non afferma che lo stesso sia stato oggetto di abusivo riempimento da parte di un terzo e neppure che gli sia stato sottratto. Sostiene soltanto di non averlo spontaneamente e volontariamente consegnato al destinatario, ma non allega neppure che quest’ultimo ne sia venuto in possesso prohibente domino e che, quindi, se ne sia impossessato. Di conseguenza, all’assegno è stata legittimamente riconosciuta la natura di promessa di pagamento. In generale, poi, la promessa di pagamento, per essere tale, deve essere direttamente indirizzata al suo destinatario, perché solo in questo caso la dichiarazione di volontà che essa esprime è univocamente indirizzata, mentre non vale a questo scopo una dichiarazione indiretta, cioè, indirizzata ad un terzo. Trasponendo questi principi in riferimento all’assegno, esso è costruito come documento contenente una dichiarazione di volontà, nel senso che esso consiste nella assunzione di un impegno in favore di un terzo individuato, ed ha, a questo scopo, uno specifico spazio destinato all’indicazione del beneficiario. Ne consegue che se questo spazio, come nella vicenda in esame, è riempito con l’indicazione del beneficiario, e quest’ultimo è in possesso del titolo, esso vale come promessa di pagamento nei suoi confronti, perché la dichiarazione di volontà è incorporata nel titolo con l’indicazione del beneficiario da parte del traente, non essendo necessaria a tal fine la prova di un elemento aggiuntivo, che è la materiale consegna del titolo al beneficiario stesso, perché il documento possa svolgere la sua funzione di promessa di pagamento. Non è necessaria, cioè, la prova della volontaria consegna del titolo al destinatario, né è necessario che si provi il permanere della volontà dell’emittente per tutta la circolazione del titolo, in quanto il titolo, una volta formato, è per sua natura destinato alla circolazione e quindi è l’incorporazione della indicazione del beneficiario nel titolo che integra la manifestazione di volontà dell’emittente di assumere l’impegno di pagamento verso il beneficiario.