Impossibile parlare di grave inadempimento se l’acquirente dell’immobile non collabora per la trascrizione della scrittura privata
Nella specifica vicenda, l’acquirente, pur non collaborando per lo svolgimento dell’attività giuridica necessariamente propedeutica alla trascrizione della scrittura privata, non procura nocumento di sorta al venditore

Deve escludersi il grave inadempimento dell’acquirente di un bene immobile, il quale, pur non collaborando per lo svolgimento dell’attività giuridica necessaria al fine di consentire la trascrizione della scrittura privata, non procura nocumento di sorta al venditore, oramai spogliatosi della proprietà immobiliare, e semmai lede la propria posizione, stante la finalità della trascrizione, diretta a risolvere l’eventuale conflitto tra più aventi causa da un comune soggetto. Questi i principi fissati dai giudici (ordinanza numero 245 del 7 gennaio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo alla cessione di alcuni stacchi di terreno. Nello specifico, il proprietario ha promesso in vendita al soggetto interessato all’acquisto taluni stacchi di terreno, nei quali è stato immesso il promissario acquirente, che però non ha inteso addivenire alla stipula dell’atto pubblico definitivo e così ha impedito la trascrizione del titolo. Ciò detto, l’atteggiamento del promissario acquirente è visto dal venditore come un grave inadempimento, fonte di pregiudizio per lui, il quale si ritrova soggetto alle imposizioni fiscali che riguardano i fondi. A fronte di tali elementi, il venditore chiede la risoluzione del contratto e la condanna del promissario acquirente al risarcimento del danno causato. Per i giudici di merito è palesemente contraria a buonafede e gravemente inadempiente la condotta del compratore. Di conseguenza, risolto il contratto per colpa del compratore, quest’ultimo viene condannato a restituire il fondo e a risarcire il danno causato, quantificato in oltre 28mila euro, mentre il venditore viene obbligato a restituire il prezzo a suo tempo ricevuto. Di diverso parere, però, sono i giudici di Cassazione. Decisivo il richiamo alle finalità della trascrizione immobiliare dichiarativa. Il contratto di compravendita redatto per iscritto è pienamente valido, nel mentre la sua trascrizione presso i registri immobiliari assolve all’esclusiva funzione di risolvere il conflitto fra più acquirenti del medesimo immobile. Quindi, in definitiva, tutela solo il diritto reale dell’acquirente, essendosi il venditore spogliato di esso con il contratto di compravendita. Inoltre, la stipula dell’atto pubblico al fine di poter trascrivere risulta esuberante rispetto allo scopo, essendo sufficiente che le firme siano autenticate. Il venditore, ove il compratore (o viceversa) non intenda procedere alla reitera dello strumento con l’atto pubblico o con una nuova scrittura privata che rechi l’autentica delle firme, può chiedere la verifica della scrittura, con conseguente addebito del costo del giudizio d’accertamento alla parte riottosa. Deve, pertanto, escludersi, nella specifica vicenda, il grave inadempimento dell’acquirente, il quale, pur non collaborando per lo svolgimento dell’attività giuridica necessariamente propedeutica alla trascrizione della scrittura privata, non procura nocumento di sorta al venditore.