Azienda penalizzata dalla ‘teoria del contagio’

Ripercussioni negative a fronte di eventuali illeciti professionali che l’amministratore ha compiuto in veste di esponente aziendale di altra società

Azienda penalizzata dalla ‘teoria del contagio’

In materia di appalti pubblici e in applicazione della cosiddetta ‘teoria del contagio’, è legittimo il provvedimento di esclusione dalla gara di un operatore sul quale ricadono le conseguenze negative di eventuali illeciti professionali che l’amministratore ha compiuto in veste di esponente aziendale di altra società. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 21017 del 25 novembre 2024 del Tar Lazio), i quali aggiungono che l’appurata inaffidabilità di un legale rappresentante, in virtù del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione, è ritenuta idonea a spiegare effetti negativi anche nei confronti della società partecipante alla procedura ad evidenza pubblica nell’ambito della quale detto esponente aziendale svolga la propria attività professionale, anche qualora le condotte contestate siano state commesse quale legale rappresentante di un soggetto diverso, a nulla rilevando la dedotta alterità soggettiva, restando del tutto irrilevante stabilire se la condotta in questione sia stata commessa dalla persona fisica per interesse proprio ovvero per avvantaggiare la società di appartenenza. Ciò detto, in assenza di un accertamento definitivo, contenuto in una sentenza o in un provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile, per individuare il dies a quo del termine triennale capace di elidere la rilevanza dei fatti determinanti l’impossibilità di contrattare con la pubblica amministrazione, deve aversi riguardo alla data dell’accertamento del fatto, idoneo a conferire a quest’ultimo una qualificazione giuridica rilevante per le norme in materia di esclusione dalle gare d’appalto e non, dunque, alla mera commissione del fatto in sé.

A fronte di tale quadro, però, vi è la possibilità del ricorso alle cosiddette misure di self-cleaning, ossia misure di autodisciplina o di riorganizzazione interna – dell’azienda – tese ad evitare l’effetto escludente dalla procedura di gara. E le misure di self-cleaning possono essere adottate in qualunque fase della procedura che preceda l’adozione della decisione di aggiudicazione e, pertanto, tali misure possono essere valutate anche se assunte in corso di gara e relative a fatti insorti dopo la presentazione dell’offerta. La valutazione amministrativa dell’idoneità della misura di self-cleaning a garantire l’affidabilità professionale del singolo operatore economico, nonché a prevenire la commissione di ulteriori illeciti, pertiene alla sfera di discrezionalità tecnica della stazione appaltante che involge aspetti altamente incerti ed opinabili fondati sul canone del più probabile che non, sicché il sindacato giudiziale di tale discrezionalità può investire soltanto i presupposti di fatto e il percorso logico-giuridico seguito dall’amministrazione, ma non può estendersi fino a preferire una valutazione opinabile rispetto ad un’altra. Va aggiunto, però, che non può esservi misura di self-cleaning oggettivamente idonea a ripristinare l’affidabilità professionale del singolo operatore economico ove essa sia adottata tardivamente al solo fine di rimanere in gara, a meno che il ritardo dipenda da fattori esterni non imputabili a detto operatore. Pertanto, la misura di self-cleaning è concretamente idonea (e quindi atta a ripristinare la credibilità professionale del singolo operatore economico) soltanto se adottata spontaneamente in tempi non sospetti, e non invece in circostanze estreme al solo fine di conservare la partecipazione alla gara.

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